L’illusione della prestazione è essa stessa la prestazione
Nonostante tutti gli allenamenti che faccio, non arrivo ancora all’aver (nelle gambe) i watt che ci vogliono per accendere la lampadina del campeggio. Come dice il Greg. Ma lo fa per motivarmi.
Tuttavia a forza di sentire, leggere, studiare la teoria dell’allenamento e della gestione di una gara qualche miglioramento c’è, qualche utile idea me la son fatta. Oppure è un’illusione e resto scarso esattamente come prima, credendo però di essere migliorato. Ma va bene: non è l’illusione della prestazione essa stessa la prestazione?
Insomma stavolta parto per la Bra-Bra convinto di avere una forma fisica invidiabile, e per di più confortato dalla ricerca scientifica degli National Institutes of Health, in particolare ho in mente la pubblicazione: “Sport in advanced age, never too late”. L’autore è un po’ il maestro Manzi dell’attività fisica.
Sarà l’euforia del momento, il vento buono, il mucchio che mi trascina, non so dire, ma fino a una cinquantina di chilometri, quasi la metà del mio percorso, il mediofondo, riesco a stare nel gruppo dei medioscarsi: oltre alla coerenza di rango è per me un risultatone. Addirittura in salita ne supero alcuni, e perfino mi capita di essere rallentato da un gruppo. Mai successo.
Poi, al cinquantesimo chilometro e rotti circa mi fermo al ristoro, e da quel momento rientro nel gruppo degli scarsi. Non è per la sosta, capirai, cosa sarà mai qualche minuto in più nella mia “gara”, che dura mezza giornata. È che in quel momento mi sono sentito stanco e sono ripartito di passo prudente. Preso pure dalla sconforto, pensando alle salite che mi restavano, ma è stato proprio in questo frangente che sono riuscito a gestire il recupero e quindi ritrovare le forze. Grazie agli studi. Poi dicono la teoria non serve.
Valutavo la frequenza cardiaca a ogni chilometro, elaborando la miglior strategia per il recupero: dunque, devo smaltire 3 millimoli di lattato, il tempo di dimezzamento è di di 15 minuti, con recupero attivo ad alta cadenza, al 50% dell’FTP. Mentre facevo questi calcoli, sarà stata la salita, la fatica, la salita e la fatica, mi sono confuso, troppa teoria: “Allora, devo moltiplicare l’ATP per la LT2 al 73% del VO2max che è all’80% della FCmax per 3,14 diviso due…”. Vabbè, in sintesi: dovevo rallentare, dai. Ed è stato così, ho rallentato (il mio passo già non spericolato di suo) e sono così tornato nei ranghi che mi competono. Addio medioscarsi, torno nel gruppo dei peròsonoarrivato.
Ma sono contento. Rispetto all’anno scorso infatti sono andato meglio, un po’ meno sofferto e un po’ più veloce. Metti che conoscevo il percorso, ricordavo le salite, sapevo meglio come gestire la tremendissima forza delle mie gambe, insomma, considera tutto questo. E mettici pure la bici, un’immeritata Specialized Tarmac S-Work Di2 che pesa poco più di 6 chili e che in pianura va da sola.